La Corte di Cassazione ne lo ha chiarito nella sentenza n. 17195 del 11 agosto 2011.
In caso di rapporto stabile e duraturo di convivenza da parte di uno degli ex coniugi, il presupposto per la riconoscibilità di un assegno di mantenimento a carico dell'altra parte viene meno e pertanto l'assegno di mantenimento può essere sospeso. In caso di interruzione del rapporto di convivenza tale assegno divorzile dovrà essere di nuovo corrisposto.
secondo cui il datore di lavoro, nel rispetto delle norme contenute nell'art. 3 della Statuto dei lavoratori, può commissionare ricerche atte ad individuare la perpetrazione di illeciti e di verificarne il contenuto, anche in ragione del solo sospetto o della semplice ipotesi che gli illeciti siano in esecuzione.
La dichiarazione dei redditi è indizio e non prova per la determinazione dell’assegno di mantenimento per l’ex coniuge
Secondo la recente pronuncia della Suprema Corte, la dichiarazione dei redditi rappresenta un semplice indizio e non una prova ai fini della determinazione dell'assegno di mantenimento, La Cassazione ha stabilito che qualora non sia possibile desumere con certezza dalle denunce dei redditi la reale situazione economica del coniuge, ha ritenuto accertabile la stessa attraverso ulteriori circostanze probatorie.03 03 2015 / Posted by Emissarius Investigatore Privato Roma
La Corte di cassazione, con sentenza 19554/2006 del 13/09/2006, ha ritenuto che la diffusione - da parte del dipendente - della password aziendale può costituite giusta causa di licenziamento.
In primis, la Corte d'appello - con motivazione considerata dalla Corte di cassazione coerente dal punto di vista logico e giuridicamente corretta - aveva ravvisato nel su indicato comportamento la violazione dell' articolo 2105 cod. civ. (obbligo di fedeltà).
Detto obbligo consiste nel divieto di diffondere presso terzi, esterni all'azienda, informazioni riguardanti la programmazione e l'organizzazione dell'impresa proprio a tutela del patrimonio aziendale.
Il ricorrente, comunicando all'esterno la password, nel caso di specie ad un ex collega, ha permesso a numerosi soggetti terzi l'accesso ad informazioni riservate riguardanti l'azienda.
Per comprendere meglio la posizione della Corte di cassazione in ordine alla problematica affrontata pare utile prendere in esame la definizione di "dominio informatico", fornita dalla Corte di cassazione con sentenza 3067/1999. In tale sentenza si legge che il dominio informatico è il luogo in cui l'individuo esplica liberamente la sua personalità in tutte le sue manifestazioni e nel quale sono contenuti dati informatici relativi alla persona sia essa fisica o giuridica, pubblica o privata che devono rimanere riservati
Inoltre il domicilio informatico è tutelato penalmente dall'articolo 615 ter cod. pen che recita: "Chiunque abusivamente si introduce in un sistema informatico o telematico protetto da misure di sicurezza ovvero vi si mantiene contro la volontà espressa o tacita di chi ha il diritto di escluderlo, è punito con la reclusione fino a tre anni.
In conclusione, si può affermare che la pronuncia in commento ha confermato quanto già sancito in passato dalla Corte di cassazione che, con sentenza 2560/1993, aveva ritenuto legittimo il licenziamento deciso a causa della sottrazione, da parte del dipendente, di documenti aziendali riservati. In altri termini, non è mutato l'orientamento giurisprudenziale ma le modalità e le tecniche utilizzate per la violazione dell'obbligo di fedeltà che lega il lavoratore al proprio datore di lavoro.30 01 2015 / Posted by Emissarius Investigatore Privato Roma
La Cassazione con la sentenza 12042 è giunta alla conclusione che in auto non esiste riservatezza o tutela della privacy.
Le norme per la privacy funzionano solo per le abitazioni e per quel che si dice in conversazioni realizzate con “uno strumento per comunicare a distanza”. Dunque non si ravvisa alcuna “interferenza illecita nella vita privata” nello spiare quel che si dice nella macchina altrui.21 10 2014 / Posted by Emissarius Investigatore Privato Roma
La Corte di Cassazione con la sentenza n. 16196 dichiara lecito il pedinamento del dipendente da parte del datore di lavoro.
La suddetta sentenza viene sostenuta dalla norme poste della legge n. 300/1970, mind click a tutela della libertà e dignità del lavoratore che non escludono il potere dell’imprenditore di controllare direttamente o anche mediante personale esterno l’ adempimento della prestazioni lavorative dei propri dipendenti.21 10 2014 / Posted by Emissarius Investigatore Privato Roma